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Kounellis restaurato

“Resistenza e liberazione”: ora come allora

 

Si è concluso nel Cortile Nuovo di Palazzo Bo il restauro dell’opera Resistenza e Liberazione, realizzata sul finire dello scorso secolo dal pittore e scultore greco naturalizzato italiano Jannis Kounellis, esponente di primo piano di quella che il critico Germano Celant definì "arte povera".

 

Commissionata nel 1994 durante il rettorato di Gilberto Muraro e inaugurata il 29 maggio 1995, l’opera fu fortemente voluta dall’Ateneo patavino con lo scopo di ricordare le vicende eroiche di tre suoi docenti protagonisti della Resistenza partigiana, Concetto Marchesi, Egidio Meneghetti, Ezio Francheschini, e di “quanti nell’Università seppero unire diversi ideali e culture in concorde lotta di popolo per riconquistare all’Italia la libertà”, recita la piccola lapide postavi accanto.

 

L’installazione site-specific, formata da un grande telaio di acciaio a sostengo di travi in legno di diverse dimensioni, accatastate orizzontalmente e consumate dal tempo, viene a “occupare” platealmente il cortile razionalista voluto da Carlo Anti negli anni Trenta del Novecento. In questo spazio adamantino, coeso in ogni sua parte, crea uno squarcio-antimonumentale, come evidenziato da Guido Bartorelli, professore di Storia dell’Arte Contemporanea presso il Dipartimento dei Beni Culturali patavino, che prosegue così nella lettura dell’opera: “Questa è la Resistenza: una barricata indecorosa; questa è la Liberazione: non dogma, ma l’impegno collettivo nel mantenere in piedi valori che si fondano sulla scelta. Non c’è pietra, non c’è monumento. C’è l’esistenza, quella nozione di “dramma” che Kounellis pone al centro di tutto il suo operare”.

 

L’intervento di manutenzione straordinaria, sostenuto dalla Fondazione Alberto Peruzzo, è durato alcuni mesi e ha visto impegnata la restauratrice specializzata presso l’Istituto Centrale per il Restauro di Roma, Valentina Piovan, già artefice di rilevanti interventi di restauro dei dipinti murali di Giotto e degli arredi lignei nella Cappella Scrovegni. Le operazioni sono state condotte nel pieno rispetto delle intenzioni dell’artista nell’esecuzione dell’opera, considerando il degrado come intenzionale, voluto dall’artista stesso: si sono quindi preliminarmente distinti il degrado naturale legato dalle caratteristiche costitutive del legno e del metallo, le alterazioni causate da organismi biodeteriogeni e i danni vandalici. La restauratrice ha proceduto con la rimozione dei depositi incoerenti, il fissaggio del colore con tecniche non invasive, la disinfezione e disinfestazione con biocidi a solvente adeguati. È stata inoltre eseguita una mappatura per catalogare gli elementi impiegati, con indicazione di posizionamento, misura, stato compositivo della specie lignea utilizzata e livello di degrado in atto, così da consentire un costante monitoraggio dello stato di conservazione dell’opera nel tempo. Perché il suo messaggio risuoni forte come allora ora, e per sempre.