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Le collezioni del Museo di Geografia

Una tesi di dottorato ne ricostruisce la storia


Come si è costituito il patrimonio oggi conservato dal Museo di Geografia patavino? Cosa rivela della geografia praticata a Padova tra il 1855, anno in cui fu istituita presso il nostro Ateneo la prima cattedra di Geografia, e il 1948? Quale originale linea di evoluzione nell’insegnamento o nella ricerca denota? La tesi di dottorato di Chiara Gallanti, discussa il 5 febbraio 2020 sotto la supervisione del prof. Mauro Varotto, risponde a questi interrogativi e offre per la prima volta un quadro esaustivo di questo patrimonio inteso come un sistema unitario, strettamente connesso alle vicende amministrative, scientifiche e didattiche delle cattedre di Geografia e di Geografia fisica dell’Università. L’autrice ne ripercorre per noi brevemente la struttura e i punti principali.

 

 a cura di Chiara Gallanti

La tesi di dottorato Le collezioni del Museo di Geografia dell'Università di Padova: radici storiche e processi costitutivi tra ricerca e didattica (1855-1948) è dedicata al patrimonio del Museo di Geografia, la cui acquisizione risale al periodo compreso tra il 1855, anno in cui a Padova fu istituita per la prima volta una cattedra intitolata esclusivamente alla Geografia, e il 1948, data spartiacque per la geografia patavina, legata all’arrivo dell’innovativa figura di Giuseppe Morandini. Grazie ai tempi distesi concessi dalla natura della ricerca dottorale, per la prima volta si è riusciti ad esplorare questa eredità materiale come un sistema unitario, strettamente connesso alle vicende amministrative, scientifiche e didattiche delle cattedre di Geografia (definitivamente istituita nel 1872) e di Geografia fisica (a lungo attesa e finalmente inaugurata nel 1904) dell’Università.

 

Nella prima parte della tesi, il comporsi del patrimonio materiale è ricostruito cronologicamente, alla luce degli interessi scientifici e agli orientamenti didattici dei docenti che si succedettero alla direzione degli istituti geografici (Giuseppe Dalla Vedova, Giovanni Marinelli, Giuseppe Pennesi, Roberto Almagià, Arrigo Lorenzi, Luigi De Marchi). Tutte le acquisizioni passarono attraverso di loro: le carte d’archivio li rivelano coinvolti in ogni passaggio, dalla valutazione delle necessità materiali e delle correlate disponibilità economiche e logistiche, alla giustificazione delle richieste finanziarie, fino alla scrupolosa registrazione dei nuovi ingressi inventariali. Troviamo così Dalla Vedova impegnato nelle sfibranti manovre volte a “strappare” al ministero il consenso per l’acquisto delle carte murali di supporto alle sue lezioni; scopriamo Marinelli determinato a riproporre a Padova, sia pur in piccolo, l’eccellenza dell’Istituto di Geografia di Vienna, fornito allo stesso modo di sussidi didattici e di strumenti utili al lavoro sul terreno, alla cui pratica non mancò di avviare i suoi studenti sui Colli Euganei; ci imbattiamo in un De Marchi entusiasta sperimentatore di nuovi strumenti didattici di natura visuale, come visori stereoscopici o lastre da proiezione; e così via. La tesi dà conto anche della rete di figure secondarie, in particolare assistenti (tra cui Maria Caffaratti, Antonio Renato Toniolo, Giuseppe Feruglio, Bruno Castiglioni) e liberi docenti (come Antonio Biasiutti, Francesco Musoni, Giorgio Pullè), che arricchirono del loro apporto la vita dei due stabilimenti geografici, influendo talora sensibilmente con il loro lavoro sul processo costitutivo del patrimonio, così come sulla sua cura.


La seconda parte della tesi guarda invece al patrimonio a partire dal presente, articolando il discorso per tipologia di collezione: sono esaminate prima quelle legate all’insegnamento (le carte murali, i globi e gli apparati astronomici, i plastici, le fotografie ad uso didattico) e successivamente quelle generate dalle necessità e attività di ricerca (gli strumenti, le fotografie, i documenti prodotti in fase di ricerca).


Dopo aver ricostruito, attraverso il vivace dibattito che animava i congressi geografici nazionali e internazionali, il ruolo che nell’arco di tempo considerato la comunità dei geografi attribuì via via a ciascuna tipologia di beni considerata, ogni collezione diventa oggetto di una rilettura d’insieme, condotta mantenendo saldi alcuni interrogativi generali (di questa serie di acquisti, cosa rimane oggi? questa eredità cosa rivela della geografia praticata a Padova nel periodo considerato? quale linea di evoluzione nell’insegnamento o nella ricerca denota?). Si passa poi all’analisi dei singoli beni, attraverso una schedatura dettagliata che vuole essere funzionale, oltre che alla loro conoscenza, anche alla loro tutela.


Tra le altre cose, il censimento e lo studio condotto sulla collezione di carte murali ne ha evidenziato, in molti casi, la rarità e il mirabile stato di conservazione, con particolare riferimento al nucleo tedesco risalente al terzo quarto dell’Ottocento; la collezione di plastici si è confermata tra le più ragguardevoli, per numero di pezzi e varietà di provenienze e tecniche documentate, di cui si sia a conoscenza; ancora, tra i fondi fotografici ed archivistici sono emersi documenti di notevole rarità ed importanza, tra cui gli autografi di alcune importanti opere di Luigi De Marchi. Al di là del valore intrinseco delle collezioni, però, emerge un ruolo culturale generale per questo nucleo patrimoniale, quale documento materiale del progressivo costituirsi di un modo caratteristico di fare ricerca e di insegnare la geografia a Padova, basato sull’osservazione diretta, sul costante lavoro cartografico, sul sapiente ricorso alla fotografia…


La tesi ha anche l’obiettivo di porsi in modo concreto al servizio del Museo. Anche per questo, si chiude con un apparato di appendici che, sia pur nate come strumenti privati, finalizzati all’organizzazione della ricerca in atto, sono alla fine apparse utili ai fini museali di tutela e valorizzazione. La prima è dedicata alle pubblicazioni scientifiche dei docenti ed assistenti effettivi di Geografia e Geografia fisica nei loro anni patavini e fornisce il già citato quadro di interessi scientifici che, posto in relazione con i beni conservati, può in vari casi illuminare le ragioni della presenza di specifici oggetti; la seconda propone la successione cronologica delle principali figure coinvolte nell’attività scientifica e didattica dei due istituti geografici; la terza recupera dal corpo della tesi, rendendole più facilmente disponibili in forma tabellare, le principali informazioni sulle diverse collezioni.

 

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La tesi di dottorato di Chiara Gallanti, Le collezioni del Museo di Geografia dell'Università di Padova: radici storiche e processi costitutivi tra ricerca e didattica (1855-1948), è disponibile in versione completa sull'archivio istituzionale Padua@research a questo link.