Museo di Antropologia

Le collezioni paletnologiche

 

In questi ultimi anni è stato avviato un intervento di riordino della collezione paletnologica e al momento più di 6000 oggetti sono stati catalogati. Una parte significativa di questo materiale non è ancora studiato e catalogato e perciò, al momento, è difficile fornire una stima precisa della consistenza numerica e del valore di queste collezioni.

I reperti provengono in prevalenza da siti dell’Età del Bronzo e del Ferro del Friuli Venezia Giulia, del Veneto, del Trentino Alto Adige, dell'Emilia Romagna, della Lombardia e di altre regioni dell'Italia centro-meridionale e insulare.

Particolarmente significativi e numerosi sono i reperti friulani. Tra questi si contano molti manufatti litici, strumenti e ornamenti in osso, corno e bronzo, frammenti di vasellame provenienti da scavi in grotte e caverne del Carso.
Si tratta di materiale con datazioni molto diverse: dal Paleolitico inferiore, all'età del Bronzo, comprendendo comunque reperti mesolitici, neolitici e dell'Età del Rame. Altro materiale friulano proviene da scavi di necropoli - come quella paleoveneta di San Pietro al Natisone. Si tratta di materiale dell'età del Bronzo, del Ferro e della prima romanizzazione. Molti reperti preistorici di indiscusso valore museale provengono dai castellieri.

Una parte rilevante della collezione paletnologica (più di un migliaio di pezzi) è costituita dal materiale degli scavi della palafitta di Ledro nel Trentino sud occidentale. L'esplorazione sistematica della zona iniziò nel 1937, diretta da Raffaello Battaglia in collaborazione con il Museo Tridentino di Scienze Naturali. Datazioni al radiocarbonio hanno permesso di situare la colonizzazione del lago da parte dei palafitticoli in un periodo compreso tra l'antica e la media età del Bronzo (all'incirca tra il 1900 e il 1200 a.C.), momento in cui l'insediamento fu abbandonato anche a causa di un incendio.

Da Ledro sono pervenute al museo numerose strutture lignee - per lo più pali portanti di abitazioni - manufatti in pietra, selce, corno e osso di cervo, vasellame, frammenti di tessuti, semi di piante e resti alimentari, ai quali si aggiungono molti resti osteologici di fauna (orso, cinghiale, cervidi). Un grande plastico, realizzato dal prof. E. Tonini di Trieste, aiuta a visualizzare l'area della palafitta e lo smottamento del fondale del lago, con infissi i resti dei tronchi portanti le capanne.
Poco meno di 500 pezzi provengono da vicine località straniere - come la Francia, la Svizzera, l'Austria, l'ex Jugoslavia e la Grecia - dall'Africa mediterranea e orientale (Tunisia, Egitto, Somalia), dall'Arabia e dal Nordamerica.

Il Museo ospita anche una mummia egiziana con sarcofago, di probabile età tolemaica, ed altri frammenti mummificati sia umani che animali. È da ritenersi che la mummia attualmente conservata al Museo sia la stessa mummia che "nel 1835 Giuseppe Acerbi, già Console Generale d'Austria in Egitto, nell'assumere nuovi incarichi di governo a Venezia" si proponeva di donare all'Università di Padova assieme ad altri oggetti.